Lungi da me dare direttive sullo sport da praticare quando si è obesi: quella che segue vuole essere piuttosto una riflessione totalmente personale sul movimento.
Come già sa chi mi segue da splinder, è stato "grazie" alla mia discopatia se ho iniziato a frequentare una palestra con annessa piscina. All'inizio annaspavo in acqua e penso sia stata cosa buona perché mi son modellata tanto, ma con i miei 130kg non riuscivo nemmeno a seguire una lezione di acquagym senza affannare.
Piano piano che i chili scendevano ho preso fiducia in me, il cuore è diventato certo più forte ed ho scelto, verso gli 80kg, di seguire le attività che si svolgevano in palestra.
Non sono poi lontanissima da quegli ottanta, essendomi attestata ora su un peso che oscilla tra i 72 ed i 75, ma tre anni di allenamento tutti i santi giorni hanno aumentato la mia soglia di resistenza.
Oltre ad essermi appassionata al fitness mi rendo conto che non è solo merito delle endorfine se allenamenti che per i novellini sembrano pesantissimi, per me sono più che "normali". Guardo però i novellini e scatta il paragone con il periodo in cui IO ho cominciato a muovermi. La maggior parte di loro sono di costituzione normale: dicono, magari, di voler dimagrire, ma per come la vedo io avrebbero bisogno solo di tonificare per togliere un po' di pancetta o avere un aspetto più sano. Ho l'impressione che non "spingano", che al primo accenno di stanchezza siano lì pronti a deporre le armi.
Ma cos'è l'allenamento senza quella minima soglia di fastidio che devi oltrepassare ogni volta? È proprio quella che fa si che la volta dopo tu possa fare tre secondi in più.
Ora io mi chiedo: perché io, anche a 130kg non mi sono mai lamentata del lavoro dell'istruttore? Ammetto che anche da piccola ho sempre avuto una sorta di "sindrome da prima della classe" e fin tanto non mi sono stancata ho combattuto contro l'handicap naturale che mi portava il peso. Quando ho ricominciato la palestra raramente mi sono fermata: ho rallentato se sentivo di averne veramente bisogno, ma fermata mai. Pensavo "se mi fermo tutti penseranno che è normale perché sono grassa".
Ma queste persone capiscono realmente cosa vuol dire muoversi con venti, trenta chili in più? E se i chili sono cinquanta o sessanta, come si permettono di venir vicino e dire "non ce la faccio, ma voglio dimagrire"?
Rischio di diventare volgare, ma giuro che risponderei loro (perdonatemi i francesismi):" vuoi dimagrire? Mangia decentemente, fatti il mazzo e ringrazia in terra se TU hai sempre potuto muoverti".
E si, perché quello che mi è sempre mancato e che fa capolino ancora oggi ogni tanto, è la perenne sensazione di non poter fare qualcosa per colpa del mio peso: non poter sedermi in una sedia, sbilanciare una panca dove sono sedute più persone perché sono la più pesante, non poter usare un attrezzo perché non supporta tutti i miei chili, non poter fare uno sport perché morirei dopo cinque minuti.
So che adesso non dovrei farmi tutti questi problemi, ma l'ultima volta mi è capitato quando ho iniziato a praticare (meno spesso, lo ammetto) l'urban rebounding, altresì rinominato da noi della palestra "zompettiamento".
Si tratta di una pedana elastica sulla quale, a suon di musica si salta verso il basso (quindi gambe sempre flesse) azionando in maniera speciale gli addominali, compiendo movimenti differenti che coinvolgono un po' tutto il corpo. Non ricordo se ne ho già parlato, comunque sia è una manna per la circolazione, per sviluppare l'equilibrio ed un lavoro aerobico non indifferente. Senza contare che a fine lezione facciamo anche esercizi di tonificazione usando il tappeto stesso.
Ora secondo voi il mio problema quale è stato? Si, lo so che lo state pensando: "e se non mi regge? E se mentre salto si sfonda?"
Ecco, questa è l'eredità della mia obesità ed un po' sento ancora un certo gap con le persone normopeso, nonostante io possa dichiararmi sì in sovrappeso, ma certamente un minimo più allenata.