lunedì 15 aprile 2013

Combattere il dca, di nuovo.

Non so esattamente da dove iniziare perché in questo fine settimana che altrove ho definito "formativo", ho capito che la domanda principe da farsi è: questa cosa sarebbe accaduta comunque o è figlia dei tanti -nemmeno tanti in realtà- cambiamenti del periodo?
La risposta che ho elaborato attualmente non è di comodo, ma mi viene da pensare che come in tante altre cose, la colpa sia nel mezzo.
Mi sono ammalata di nuovo, e questo è bene che lo scriva all'inizio perché trovarselo davanti fa un altro effetto.
Il sentore l'ho avuto quando, non ricordo dopo quale leggera discussione con l'ing gli ho detto: lasciami perdere, io ora sono nel periodo in cui tutto deve essere perfetto, o non ci deve essere. Una dichiarazione fatta talmente d'impulso che quando mi sono ascoltata pensavo di non essere stata io; una dichiarazione che non dirà nulla a chi non ha vissuto un dca.
In quella perfezione si nasconde il mio potere di controllo che va oltre me stessa, oltre il pieno controllo del mio corpo, di quello che mangio, dei miei sentimenti. I miei attacchi di panico si sviluppano intorno all'idea di morte che è l'unica cosa che veramente non posso controllare.
L'ing. invece dice che se ne era accorto già prima che qualcosa non andava e che la cosa si è acuita durante la settimana di Pasqua (non abbiamo veramente festeggiato, ma si è mangiato di più in compagnia) e quando ci siamo trasferiti a casa di mio suocero (dove resteremo fino a fine mese) e per forza di cose ho dovuto lasciare indietro i miei pranzi iper bilanciati ed il mio conteggio dell'olio a crudo. Il boom l'ho avuto questa settimana passata quando le mie ernie discali si sono risvegliate insieme alla primavera ed hanno deciso di fare in modo che oltre a prendere dosi da cavallo di antidolorifico non potessi più andare in palestra.
Ora, ci sarebbe da scrivere un capitolo su mio suocero che è una persona adorabile, cucina bene, ma lo fa usando un po' troppo olio e soprattutto pensa che noi giovincelli possiamo e dobbiamo mangiare di più. Lo fa in buona fede ed è per questo che mai mi preparerò il pranzo a parte tirando fuori i miei petti di pollo alla griglia, il mio riso integrale e i fiocchi di latte ed il petto di tacchino. Mai gli contesterei la pasta con i legumi o con le patate, anche se per il mio target di peso e di muscolo che desidero mettere su, è controproducente mangiare a quella maniera. E stiamo parlando di un uomo che non ha problemi di peso o di colesterolo o chissà che altro, che si controlla periodicamente e ci tiene alla cura di sè. Diciamo che sull'alimentazione è di quella scuola che pensa che mangiare una pizza equivalga a mangiare poco. Ma è anche la stessa persona che, intuendo le mie fissazioni, è andato a comprare il tonno al naturale dicendo poi che era meglio comprarlo così per condirselo da se con l'olio buono di casa.
Fatto sta che il vero problema non è questa alimentazione un po' sbilanciata, un po' più nutriente (ma che non va mai oltre le 1600kcal) ed ora questa mancanza di attività fisica. Il vero problema è questa testa che ha iniziato a dare di matto in virtù di altri pensieri che hanno fatto centro al mio punto debole, a quel nervo nascosto che subito si è infiammato.
Ho iniziato a non vedermi più, a vedermi diversa allo specchio a distanza di dieci minuti; a sorvegliarmi un inesistente -spero- doppio mento, a sentire lo stomaco dilatato, ad andare nel pallone dopo una pesata e ad abbuffarmi, per poi avere crisi di pianto al pensiero di dovermi mettere a tavola. Mangiare compulsivamente anche a tavola: quando gli altri erano al secondo boccone, io avevo finito; non sentire i sapori, non godersi il cibo mangiando con rabbia. Insomma tutto il repertorio con la differenza che non essendo praticamente mai sola a casa e non facendo io la spesa, non potevo e non posso uccidermi con il mangiare. E questo è un bene.

Poi arriva l'ing che già da un po' mi diceva: dai andiamo a fare un po' di shopping primaverile per te, che sei dimagrita dall'anno scorso e le cose ti stanno larghe. Dai andiamo questo sabato dopo pranzo.
Sabato dopo pranzo io mi sentivo uno schifo: avevo preparato, anche in virtù del fatto che Lui è a casa, una pasta e patate con provola che volevamo farci da un po'. Sembrava non fosse venuta come desideravo e lì già mi sono innervosita (ricordate la perfezione?); nonostante avessi buttato giù il solito quantitativo di pasta per noi tre, avanza. Chi l'ha mangiata? La sottoscritta che si è riempita praticamente un secondo piatto. Ora pare che mi fosse riuscita buona, ma nonostante il quantitativo ingurgitato io il sapore non l'ho sentito.
Comunque sia, dopo pranzo siamo andati al centro commerciale.
Ora coscientemente io so di non aver preso dieci chili in due ore, nemmeno cinque, ma non nascondo la sorpresa di aver preso le solite taglie degli ultimi tempi. So che a settembre ho comprato un jeans che mi stava giusto che oramai sta comodo, anche dopo l'abbuffata. Coscientemente ho misurato una giacca alla Sisley taglia 48 e sono uscita (anche grazie ad una commessa che continuava a ripetermi che non capiva come mai mi ostinassi a prendere taglie più grandi) con la stessa giacca taglia 44. Per non parlare di quando alla stessa commessa ho chiesto una xl per le magliette basic e lei mi ha risposto che la xl non la facevano: la mia testa ha inteso che di conseguenza non le avrei trovate della mia misura, mentre lei ha continuato dicendo che mi sarebbe stata la small o la medium. Ecco, sono uscita con una medium che mi sta alla perfezione.

A coronare il pomeriggio un caffè con quel santo dell'ing: un caffè davanti al quale ho sputato il rospo, abbiamo parlato e mi sono ritrovata con la sua faccia contenta quando ha realizzato che alla fine, è stata una fortuna trascinarmi a fare compere.
Chiaro che io sono ancora qui a combattere di nuovo con le mie derive, con la mia pancia che sento più prominente di due settimane fa, ma con l'intenzione di dare del filo da torcere al dca.




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