giovedì 27 febbraio 2014

Carestia (paura della)


Da un po' di giorni, forse impaurita (ma nemmeno troppo, il che, per assurdo, mi fa ancora più paura) dal mio repentino aumento di peso (e parlo di due chili in nemmeno una settimana, mangiando bene e facendo attività) ho in testa la questione della Paura della Carestia.
Non so sinceramente se, scavando tra i libri, questo "disturbo" sia contemplato nei sides di quelli alimentari, ma so che è una questione che mi sta tornando spesso in mente.
Si tratta della paura di rimanere senza cibo. Direi assurda di questi tempi. Trovo alcune somiglianze con le abbuffate, specialmente quelle in cui mi producevo fuori casa: compravo una crostata preconfezionata, un pacco di merendine e lo mangiavo tutto. Prima di tornare a casa dovevo solo procurarmi un cestino per nascondere l'infamia.
Ora però, che le mie abbuffate non sono quelle di un tempo, mi capita di dover rimanere fuori casa per un lasso di tempo che vada oltre il paio di ore. Visto che, solitamente, mangio ogni tre/quattro, il mio cervello in questi casi va in allarme.
Se frugate nella mia borsa, nelle tasche del mio cappotto, troverete sempre almeno una caramella: possibilmente qualcosa di "sostanzioso", non una dietorelle per intenderci. Oppure un torroncino, o un pezzetto di cioccolata. In casi estremi anche una porzione di tarallini.

E' probabile che quella roba rimanga lì per mesi. Mi basta sapere che c'è, che qualcosa c'è: come se poi dovessi affrontare il deserto e in caso di estrema necessità non potessi buttarmi in un bar o in un alimentari.



Scrivevo che tutto questo mi riporta mentalmente alle abbuffate per un motivo molto semplice: la paura della carestia, in realtà, è la paura di avere fame, di sentire lo stomaco brontolare. Paura che si traduce in uno stomaco vuoto.
E cosa bisogna fare con uno stomaco vuoto se non riempirlo fino a quando non arrivi il segnale di pieno? Peccato che, come sa chi ha sofferto di dca, il segnale non arrivi subito e molto probabilmente arriverà prima il disgusto per se stessi e poi la sazietà.



Ultimamente, da circa un mese, mi sono rimessa in riga. Cosa vuol dire però per me, rimettermi in riga?
Il mio peso minimo, mi ha portato a poter dire: ho perso 70kg.
Parte di questi settanta chili, bugiarda se non lo dicessi, li ho persi anche in maniera non troppo sana. E qui ritorniamo al discorso principe: quando ho avuto il mio periodo di anoressia* non sentivo più la fame. Ero passata dalla sensazione di "vuoto da riempire immediatamente" a quella di "vuoto, però posso fare a meno di mangiare".
Dunque, tra i due estremi ci passano quante? 3000kcal giornaliere?
Rimettermi in riga per me è stato quindi abbandonare troppi calcoli e cercare semplicemente di mangiare come mangerebbe chi non debba perdere peso.
E' probabile che il mio aumento sulla bilancia dipenda anche da questo piccolo stravolgimento e che nel giro di un mese tutto tornerà alla normalità, non so. So però che adesso mi è tornata questa paura del vuoto. Devo mangiare, continuamente.
Non immaginatemi con una merendina a destra ed una pizza a sinistra: anni di tattiche mi hanno insegnato cosa dovrei mangiare in questi casi per limitare i danni, ma la questione, ancora una volta, è puramente mentale.



Nel frattempo ci lavoro su per fare in modo che tutto scivoli nel migliore dei modi, perché a parte questa piccola elucubrazione figlia di una ipersensibilità all'argomento, nemmeno per un attimo ritornerei alle pesate giornaliere (e plurigiornaliere), al controllo dei grammi e dei macronutrienti in maniera estrema (e se volessi avere dei risultati seri e veloci in palestra è quanto dovrei fare), alle esaltazioni da pasto perfetto e ai pianti, alla disperazione intimamente più profonda al pensiero di una pizza serale, di un pranzo non bilanciato o di un introito di carboidrati maggiore di quanto ci si possa permettere in giorni di scarico.**
La realtà dei fatti è che voglio godermi quest'anno nella maniera più serena possibile: l'ansia per la prima prova vestito c'è (ma anche il tempo, visto che parliamo di settembre!), ma è ora di trovare l'equilibrio definitivo.
Spero di poter avere, più in là si intende, altre responsabilità che, a ragione, mi faranno spostare l'ago del mio ego. E non posso permettermi di arrivare impreparata: nessuno è perfetto quanto un genitore per il proprio figlio, ma il figlio cresce. E capisce. E scusa, ma capisce. 
Mi piacerebbe, almeno in questo senso, spianargli un po' la strada, vista la lunga sofferenza da me provata.


Comunque sia, come dicono quelli bravi, work in progress.



* si tratta di un periodo di circa un anno. Tenevo un diario alimentare che a rileggerlo ora mi fa spavento. Cercavo di stare sulle cento calorie a pasto, per un totale di 500/600 kcal al giorno. Tutto questo, mettendoci un'oretta di lavoro aerobico oppure una giornata piena. Penso che sia allora che ho dato una mazzata paurosa al mio metabolismo e anche al mio stomaco, che non sempre reagisce bene. Naturalmente non avevo il peso di un'anoressica, ma viaggiavo intorno agli 80/90kg.

** la questione carboidrati è lunga da spiegare. Quello che bisognerebbe imparare e che ho sperimentato controllando il mio peso ogni santo giorno e allegando un diario alimentare con tanto di grammatura delle macro è che un vero perché delle variazioni giornaliere non c'è. Il nostro corpo è sì una macchina, ma è programmata per i viaggi lunghi. Il chilo il giorno dopo una pizza con gli amici è più che normale, così come mi capita anche se la sera prima ho mangiato, magari una zuppa di legumi. Ma se la pizza non è la normalità tutti i giorni, la zuppa di legumi, per quanto possa essere una scelta "sbagliata" se si fa palestra (specialmente se non si accompagna ad una buona fonte proteica e blablabla), è un pasto che facilmente una famiglia mette in tavola. Questa è la normalità. Non lo sarebbe se io fossi o volessi diventare una fitness model.




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