lunedì 14 aprile 2014

Scavare è un po' morire, per poi rinascere.

Ti stanchi di combattere, anche il corpo te lo dice. Lo stesso corpo che la tua testa non ti rimanda per quello che oggettivamente è . Voglia di mangiare pari a zero o, per contro, voglia di divorare qualsiasi cosa. Occhiaie, palpitazioni, attacchi di panico, sonno e allenamenti che non ce la fai a sostenere, nonostante tu stia attenta a dare la giusta nutrizione a quel corpo, lo stesso di prima, sempre lo stesso, di cui non ti interessa nulla. O ti interessa troppo. Dipende.
La stanchezza, per l'appunto, dipende anche da questa altalena puramente mentale.
Però c'è Lui.
E mercoledì sera dormiremo di nuovo nel nostro letto. Ed oggi mi guardo l'anello che porto alla mano sinistra, penso alle due volte che siamo andati a provare le fedi e mi sento più forte. Penso di essere più forte di qualche mese fa, pur nel pieno di un certo turbinio dato, son certa, dalla scelta di ricominciare a scavare dopo il convegno del mese scorso. 
Sono consapevole verranno altri giorni difficili, altre volte in cui penserò che il gioco non vale la candela, che vorrò morire per i problemi che riesco a dare all'uomo della mia vita. Ma so anche che pur "acciaccandoci" un po', quegli stessi giorni saranno intervalli tra le mille cose belle che riusciamo e riusciremo a creare. 
Sono consapevole, anche se per dirlo ho bisogno delle tenaglie, che lo stesso uomo che la notte di Natale mi ha fatto delle promesse e la dichiarazione di matrimonio più bella potessi desiderare, ama anche questo di me. Non per questo, anzi, soprattutto per questo, devo mettercela tutta.

Lo guardo e lo riguardo ogni giorno, quando dopo la palestra o dopo aver fatto i servizi di casa lo rimetto al dito. Ed è tutto lì. È un segno, ma ci credo.
E credo in me. Credo in noi.
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